14 gennaio 2013

Italcementi ristruttura: nessuna novità e adesso si guardi al futuro.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo del dr. Leandro Belluco*

Italcementi, il più grosso gruppo cementiero italiano con un fatturato di ca. 5 miliardi di euro e ca. 20.000 dipendenti, ha deciso una forte riorganizzazione della sua attività. Dal 2008 c'è stata una riduzione di consumo del cemento di oltre il 40% su un mercato già assolutamente squilibrato a livello europeo in cui l'eccedenza produttiva era diventata insostenibile.
La borsa ha subito premiato la decisione con un aumento, ad oggi, di ca. il 20% del valore delle azioni.
Ciò significa che questa decisione era non solo attesa ma è stata anche considerata assai positivamente dal mercato.
E' bene ricordare, a questo proposito, che in Italia il consumo di cemento, fino al 2008, era di ca. 800 kg per abitante contro i 500 kg della media europea e i 400 kg della Germania.
Il Veneto rappresentava un' ulteriore anomalia, anche nei confronti dell'Italia, con i suoi ca. 1200 kg di cemento per abitante (3 volte il consumo della Germania).
Sulla necessità di rivedere l' anacronistica politica di produzione del cemento, con specifico riferimento al Veneto, sono anni che si discute e particolarmente ciò è stato fatto per l'area dei cementifici della bassa padovana che, nel raggio di 5 km, ne ospita ben 3 (la più alta concentrazione d'Europa).

Lo stabilimento Italcementi di Monselice poi è stato realizzato oltre 50 anni fa e deve procurarsi, per il suo funzionamento, le materie prime necessarie (le marne) da cave che distano ca. 40 km dal sito produttivo.
Due fatti oggettivi (vetustà e questione logistica) che da soli permettono di comprendere quale possa essere lo scarso interesse di un qualsiasi produttore di cemento per un sito produttivo con queste caratteristiche.
Da aggiungere che i dipendenti del cementificio di Monselice sono ca. 100 (lo 0,5% del personale del gruppo), quindi, anche da questo punto di vista, è facilmente comprensibile cosa pesi, realisticamente, questo stabilimento sull'economia del colosso cementiero.

E' evidente che, date queste premesse, parlare di fulmine a ciel sereno per una decisione che prevede di fermare la produzione di clinker (quella che richiede le materie prime delle cave a 40 km) di un complesso produttivo datato è quanto meno da sprovveduti.
E' pure evidente che il fantomatico "Revamping" che ipotizzava un investimento di 160 milioni di euro (contemporamente ad una riduzione della produzione del 10%) non poteva avere basi solide se correlate alla normale produzione di cemento.
Basti pensare che, per assere ammortizzato, avrebbe richiesto un accantonamento di ca. 20 milioni di euro per anno. Cioè ogni dipendente avrebbe dovuto garantire un ammortamento di 200.000 euro per anno per i prossimi 10 anni.
E' inoltre ragionevole ipotizzare che il nuovo stabilimento non avrebbe accolto più di 50 persone per cui l'ammortamento per dipendente sarebbe risultato 400.000 euro.
Un'ipotesi ai confini del buon senso per un'industria che produce commodities di bassissimo valore aggiunto: .
Che il progetto potesse risultare discutibile può anche essere avvalorato dal fatto che non sembra essere mai stato presentato ufficialmente agli azionisti.
Un progetto quindi che non sembra convincere neppure Italcementi, se associtato alla normale produzione di cemento naturale.
Naturalmente nel caso di "sponsorizzazione" di qualche corrente politica disposta ad impegnarsi affinchè fossero concessi corposi finanziamenti pubblici e la possibilità di utilizzare rifiuti (l'affare del secolo) in notevole quantità (al posto delle materie prime nel processo produttivo) le cose potevano cambiare.
Se poi, in aggiunta, fosse stata concessa anche la possibilità di mantenere gli attuali inspiegabili limiti nelle emissioni che consentono, per gli stessi inquinanti, di scaricare in atmosfera concentrazioni di malefiche sostanze anche 10 volte superiori a quelli degli inceneritori, la convenienza economica sarebbe risultata ancora più interessante.
Può la popolazione accollarsi costi e inquinamento per sostenere qualche gruppo di politici egocentrici?
A qualche giorno dall'annuncio Italcementi, proprio a Monselice, in villa Duodo, una delle tante bellissime ville presenti nel nostro territorio, si sono incontrate oltre 500 persone per discutere del progetto M31. Un incubatore tecnologico al quale centinaia di startupper, giovani ingegneri, artisti e creativi e due dei principali fondi di investimento concentati su imprese innovative, si sono ritrovati per parlare di futuro, di logica win-win dove il businnes crei vera ricchezza per la società e nessuno perda.
Il contrasto tra il passato e il futuro è sembrato ancora più violento in una giornata fredda e nebbiosa scendendo da villa Duodo lungo il percorso di una bellezza magica dalle sette chiesette ai piedi della Rocca.
* Il dr. Leandro Belluco è da sempre un attento osservatore dei fenomeni inquinanti relativi alla presenza dei cementifici monselicensi. Esponente del comitato "E noi?".

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