9 gennaio 2012

Profughi rimpatriati. L’amarezza dei volontari

Profughi ghanesi rispediti a Padova, esperienza del Ceod prossima alla chiusura. Per i ragazzi del progetto "Eventintegranti", che negli scorsi mesi hanno promosso l'integrazione con i profughi ospiti a Monticelli, l'esperienza si chiude con molte ombre.
«Per chi mastica un po’ la questione del diritto d’asilo, fin da subito le possibilità di ottenere lo status di rifugiato per i profughi della cosiddetta “Emergenza Libia” sono apparse scarse – spiegano – A Monselice a tutto questo si è aggiunto anche un buon numero di illusioni, di promesse di un lavoro che non è mai arrivato, di corsi di lingua cominciati e poi sospesi per mancanza di volontari, quando in realtà le persone disponibili c’erano.
Ora vengono allontanati da questa città – concludono i giovani – e dal nostro Paese, in sordina, senza clamore, per liquidare silenziosamente l'imbarazzo di aver fatto gli onori formali di casa e di ricacciarli senza troppi pensieri come immigrati che non hanno diritto a ricevere asilo nella splendida Italia, come se la colpa fosse loro».

dal Mattino di Padova

COMUNICATO DEL PROGETTO EVENTINTEGRANTI SULLA QUESTIONE RICHIEDENTI ASILO GHANESI
Per chi mastica un pò la questione del diritto d’asilo, fin da subito le possibilità di ottenere lo status di rifugiato per i profughi della cosiddetta “Emergenza Libia” sono apparse scarse, perchè fuggivano da un Paese in guerra ma provengono da Stati in cui la situazione politica è stabile, ma disastrosa quella economica. L’errore quindi è stato fatto da subito, a livello nazionale, portandoli tutti al colloquio in Commissione invece che attribuire loro un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. Questa seconda possibilità avrebbe consentito loro di vedere riconosciuti i propri diritti (la possibilità di un lavoro, di ricevere cure mediche, etc) ed intraprendere un percorso di reale integrazione, in attesa che la situazione libica si calmasse e di poter fare ritorno alle proprie case e ai propri lavori. Si è scelto invece di inseguire la chimera del diritto d’asilo, costringendoli per mesi ad una residenza coatta e incerta, senza prospettive, spesso senza informazioni. Una strada, questa, che paradossalmente facilita proprio quella caduta nella clandestinità che negli ultimi anni ha sostituito nelle nostre paure indotte quella dell’invasione meridionale.

A Monselice a tutto questo si è aggiunto anche un buon numero di illusioni, di promesse di un lavoro che non è mai arrivato, di corsi di lingua cominciati e poi sospesi per mancanza di volontari (quando in realtà le persone disponibili c’erano, ne conosciamo alcune, ma non sono mai state contattate).

Ma a cosa è servito illuderli per poi costringerli a restare sette mesi in una struttura isolata dal centro cittadino, sorvegliati da personale volontario (che poco poteva fare ma che è riuscito nell’impresa straordinaria di avvicinarsi umanamente a queste persone) in un momento in cui si sentono, come dichiarano loro stessi, UOMINI ZERO?

E’ servito a lavarsene le mani nel momento più delicato. E’ servito a darsi lustro per la loro accoglienza (non sappiamo se i vantaggi si limitino al lustro e quanto frutti questo scaricarsi di comune in cooperativa questi ragazzi) per poi rispedirli al mittente (in questo caso Padova) nel momento in cui arrivano i dinieghi, e loro diventano nervosi, e probabilmente di alcuni di loro si perderanno inevitabilmente le tracce.

Potevano essere mesi spesi per la loro reale accoglienza, dando loro nuove abilità e competenze, garantendo loro il diritto alla scelta di dove poter vivere, se restare in Europa, tornare a casa, ripartire per la Libia.

Potevano essere mesi spesi per noi, per la nostra crescita umana e culturale. Potevamo cogliere questa occasione per abbattere simbolicamente le mura e respirare una Monselice multietnica. Questi giovani africani avrebbero dovuto fare il giro delle scuole, conoscere i nostri figli e aiutarli a crescere con l’idea che non ci sono confini e barriere, che l’uomo è migrante per natura, che la stragrande maggioranza delle persone che fuggono dal proprio Paese non hanno la minima intenzione di lasciare il proprio continente (loro sono partiti dal Ghana e sono andati in Libia! Se non fosse scoppiata la guerra in Libia non l’avrebbero mai presa una barca per venire in Italia!).

Poteva essere una buona occasione per Monselice e per i suoi cittadini, di dimostrarsi la città dell’accoglienza e della fratellanza, mentre è, e resterà, soltanto una città murata. Che con una mano dà e con l’altra prende. A cosa è servito, ad esempio, che il Comune finanziasse il nostro progetto di integrazione con i richiedenti asilo se poi fin da subito è stato impedito a noi e ai non addetti ai lavori di entrare al Ceod liberamente per creare con loro un contatto? Con il nostro progetto Eventintegranti volevamo portare avanti un percorso che aveva loro come centro, che desse loro la possibilità di vivere in maniera meno isolata questo periodo che per molto tempo è rimasto indefinito e spaventosamente incerto.

Non dimentichiamo una cosa: quando sono arrivati, sette mesi fa, i ragazzi ghanesi sono stati portati in piazza, mostrati alla cittadinanza come animali esotici. Poi sono stati illusi, messi in attesa, dimenticati. Ora vengono allontanati da questa città, e dal nostro Paese, in sordina, senza clamore, per liquidare silenziosamente l'imbarazzo di aver fatto gli onori formali di casa e di ricacciarli senza troppi pensieri come immigrati che non hanno diritto a ricevere asilo nella splendida Italia, come se la colpa fosse loro, come se a loro mancasse qualcosa a renderli degni di scegliere di vivere qui.

Ci auguriamo che non sia così, ma quello che li attende è molto probabilmente un diniego del diritto all’asilo. Ipotesi che ieri ci hanno detto di non prendere nemmeno in considerazione, perchè nessuno, ci hanno detto, nel rendersi conto che loro hanno perso tutto due volte e che in Ghana non c’è futuro, può avere il coraggio di rimandarli laggiù.

per il progetto Eventintegranti
ALESSANDRA BOARETTO
SARA VOLTOLINA
GIULIA POLATO
MATTEO GASPARELLO
FRANCESCO TELANDRO
ERICA MENESELLO

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