Gli scenari della crisi cambiano ogni giorno. Ma, se si andrà alle elezioni, resta forte l'incertezza su come si voterà. Si riuscirà a disfarsi del "porcellum", la criticatissima legge elettorale firmata Calderoli che toglie ai cittadini la possibilità di scegliere i propri candidati? Ci sarà spazio per un governo di transizione che trovi la strada per una modifica del sistema elettorale condivisa da tutti i partiti?
I dubbi sono tanti e così riprende forza l'appello dell'Unità al Pd «Facciamo le primarie in tutte le circoscrizioni» che ha raggiunto le 50mila firme sul nostro sito www.unita.it e su Facebook. E, all'indomani delle primarie a Milano, che hanno ottenuto una bella partecipazione, ma con numeri inferiori alle aspettative, bisogna insistere per far diventare questo strumento una regola fissa nella scelta dei candidati democratici. L'elemento che rafforza ulteriormente la richiesta al Pd è l'adesione all'appello per le primarie di tanti suoi iscritti e dirigenti. Primi fra tutti, numerosi segretari regionali del partito.
Sergio Blasi è uno di loro, segretario di una regione come la Puglia che le primarie ha imparato a conoscerle bene in questi anni. Lui stesso è stato eletto con le primarie e per due volte con le primarie si è scelto il candidato del centrosinistra alla Regione Puglia e per due volte il Pd ha visto perdere il suo sfidante a vantaggio dell'attuale leader di SeL, Nichi Vendola. «Ma non ho nessuna difficoltà ad ammettere che, proprio grazie alla straordinaria partecipazione popolare che quelle primarie hanno suscitato, il centrosinistra ha vinto e ha cambiato negli ultimi anni il volto di questo pezzo di Italia» spiega il segretario pugliese.
Dunque Blasi, primarie sempre?
«Sì. Dico sì all'appello dell'Unità senza alcun dubbio. E penso che se il partito nazionale affermasse in modo netto la sua intenzione di affidarsi alle primarie per scegliere tutti i candidati alle elezioni avrebbe anche più forza nel chiedere un governo di transizione che cambi la legge elettorale».
Perché?
«Perché darebbe un segno di forte democrazia ai suoi elettori e acquisterebbe ulteriore credibilità nei confronti delle altre forze politiche. Sarebbe un modo chiaro, netto, inequivoco di parlare alla "testa" dei cittadini. È da scelte come queste che si inizia a scrivere il 'vocabolario dell'alternativa'. Su questi temi c'è da parte dei cittadini una sensibilità incredibile. Sono decisioni che possono contribuire, o meno, a svuotare il mare di chi non vuole più andare a votare...».
Le primarie del Pd come "arma" contro l'astensione?
«Sì. Secondo gli ultimi dati siamo di fronte al 40 al 45 per cento degli elettori che dichiarano la loro disaffezione, il loro distacco dalla politica, dalla brutta politica che Berlusconi e la destra ci stanno offrendo in questi mesi. Le primarie il recupero del potere di scegliere le persone da votare potrebbe contribuire a cambiare questo andamento. I messaggi chiari e trasparenti sono fondamentali in momenti come questi».
Come mai il partito non ha già fatto questa scelta?
«Ci sono sicuramente da definire regole e modi di applicazione, ma sono convinto che una volta fissati questi paletti compirà questa scelta. Siamo noi che abbiamo 'inventato' le primarie e riaffermarle come metodo democratico è un primo passo per superare il berlusconismo».
A proposito, quanto durerà ancora il governo Berlusconi?
«Non posso fare previsioni, spero poco. Ma se si tiene ancora in piedi è soprattuto a causa di questa legge elettorale, si nutre dell'incertezza che il "porcellum" alimenta nello scenario politico attuale. Se ci fosse un'altra legge sarebbe già andato a casa...».
Torniamo al Pd, lei qualche giorno fa citava le primarie anche come strumento necessario per il rinnovamento della classe dirigente del partito. E lo faceva riferendosi al sindaco di Firenze Renzi e alla sua iniziativa di "rottamazione" dell'attuale dirigenza Pd.
«Io dico che se Serracchiani fa l'europarlamentare, se Civati fa il consigliere regionale e Renzi a meno di 40 anni è diventato sindaco di una importante città europea come Firenze, lo devono proprio alle primarie e al fatto che quindi nel Pd esistono già gli strumenti di rinnovamento».
Primarie sempre, anche quando a vincere non è il Pd come è capitato nella sua regione oppure ieri a Milano?
«Sì, lo ribadisco. Perché il presidente della Regione non è del Pd, ma se la Puglia in questi anni si è rinnovata, se si sono segnalate politiche innovative che hanno portato le scelte concrete a diventare un modello anche per altre regioni, ebbene, tutto questo è avvenuto grazie ad uomini e donne che hanno in tasca la tessera del Partito democratico. Certo, bisogna rafforzare il quadro delle regole, con l'anagrafe degli iscritti alle primarie o con altri strumenti che garantiscano una partecipazione trasparente».
Che segnali ci sono dai territori che frequenta? C'è voglia di partecipazione?
«Sono reduce da una serie di incontri tematici organizzati dal Pd in tutta la regione con il mondo produttivo e quello delle associazioni. A Brindisi abbiamo discusso di energia, a Lecce c'è stato un incontro con Bersani. Le sale erano strapiene e molta gente è rimasta fuori. La nostra gente ha voglia di partecipare, bisogna solo chiamarla in causa, restituirgli protagonismo. E questo lo facciamo con le primarie in tutte le circoscrizioni. D'altronde sono scritte nel nostro statuto, mentre tanti partiti che le invocano (a cominciare da SeL) per noi, poi al loro interno non le fanno...».
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