Otto cittadini su dieci hanno giocato almeno una volta. Tre ogni cento sono dipendenti dal gioco d’azzardo. Nella Bassa Padovana questa percentuale si traduce in 3.000 persone che hanno il gioco al centro del loro mondo e dei loro interessi. Se ne parla oggi a Este, dove l’Uoc Interdistrettuale Dipendenze dell’Usl 17 ha organizzato un convegno per operatori dedicato al fenomeno. I numeri. I dati nazionali possono essere applicati anche al locale. In Italia circa l’80% della popolazione adulta gioca o ha giocato a un gioco d’azzardo (nella categoria rientrano anche lotterie, scommesse e gratta&vinci) e circa 800 mila persone presentano un grado di dipendenza tale da poter parlare a tutti gli effetti di gioco d’azzardo patologico, con un’incidenza compresa tra l’1 e il 3% a seconda delle fasce socio-demografiche. Calcolando i 150 mila residenti adulti della Bassa Padovana, si parla dunque di 120 mila giocatori occasionali e almeno 3 mila malati di gioco.
Il giocatore patologico è prevalentemente maschio di età compresa fra i 20 e i 60 anni (ma cresce il numero degli adolescenti), con la prima giocata effettuata già a 10-12 anni. Il giocatore medio appartiene soprattutto ai ceti bassi: giocano il 47% degli indigenti, il 56% di chi ha redditi medio-bassi e il 66% dei disoccupati. Giocano nella speranza di cambiare vita, ignorando che esiste una possibilità su 622.614.630 di vincere al Superenalotto. In media ogni padovano gioca 709 euro l’anno: poco meno del 2,5% del Pil provinciale. L’azione dell’Usl. Dal 2000 l’Usl 17 ha attivato due sedi (a Este e a Monselice) per combattere il fenomeno. Lo scorso anno è divenuto operativo il progetto per un Ambulatorio per la prevenzione, la diagnosi e la cura del Gioco d’azzardo patologico (Gap), che si avvale di un’équipe multidisciplinare formata da medico, psichiatra, educatori professionali, psicologo, assistente sociale e infermiere. Sono una cinquantina i pazienti in cura, anche se il numero è limitato dalla difficoltà del paziente di riconoscere il problema e di chiedere aiuto. Ai pazienti vengono offerte diverse strategie di presa in carico (psicoterapie individuali, terapie di gruppo per i giocatori e per i familiari, incontri psicoeducazionali che coinvolgano sia il paziente che il familiare). Si parte con quattro incontri di studio e si passa quindi al trattamento individuale, qualora non si richieda di partecipare a quello di gruppo, che si svolge in 10-12 sedute della durata di 90 minuti, con un massimo di 12 partecipanti per seduta. Le due figure di riferimento per l’Usl 17 sono il dottor Giancarlo Zecchinato e la dottoressa Arianna Camporese, rispettivamente direttore dell’Uoc e responsabile dell’ambulatorio Gap: «Chi termina il percorso terapeutico» affermano i medici «presenta un tasso ridotto di ricadute, circa il 6%, ben inferiore rispetto a chi lo interrompe precocemente (circa il 60%), a conferma di quanto sia difficile uscire da soli dalla dipendenza dal gioco e quindi di quanto sia importante farsi aiutare da un team di specialisti».
dal Mattino di Padova
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