22 aprile 2012

Tre domande al Ministro Clini sui rifiuti nei cementifici

A margine di un convegno, il 12 aprile, il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha annunciato che entro la fine del mese dovrebbe essere pronto un decreto “che prevede l’impiego di combustibili solidi secondari nei processi industriali, in particolare nel settore del cemento”. L'azione del ministero - ha aggiunto Clini - sarà volta a “favorire e promuovere un accordo di programma tra il ministero dell’Ambiente, alcune regioni italiane e Aitec (Associazione italiana tecnico economica del cemento) sulla valorizzazione energetica del CSS nelle regioni italiane che sono maggiormente esposte e tutt'ora in una grave situazione di emergenza”.
Di fronte a questa presa di posizione del Ministro Clini voglio rivolgergli tre domande, alcune delle quali, in un territorio come il nostro che conta tre cementifici in meno di dieci chilometri dove si produce circa il 60% del cemento veneto, diventano fondamentali per misurare le conseguenze pesanti che tale provvedimento annunciato determinerà per tutta la Bassa Padovana.


1) Non crede che la sostituzione dei combustibili con i rifiuti non sia un bisogno impellente per il ciclo dei rifiuti in Italia ma per un'industria, quella del cemento, che non sa come risolvere un problema di sovrapproduzione? 
Non lo dico io ma Nicola Zampella, il responsabile dell'Ufficio studi dell'Aitec. Dal suo osservatorio privilegiato, certifica che l'industria è in crisi: “Nel corso degli ultimi due anni abbiamo perso più del 30 per cento (da 813 chilogrammi pro capite a testa nel 2006, a 601 nel 2009, ndr). E c'è stato un calo del 6% anche nel 2010. I nostri indicatori su edilizia residenziale, edilizia non residenziale ed opere pubbliche ci fanno attendere un mercato stabile a questi livelli bassi”. Ciò, spiega Zampella, crea problemi “strutturali” al settore: “L'industria cementiera è capital intensive – spiega -, quindi nel lungo termine non si possono mantenere gli impianti al 50-60% della capacità, perché diventano insostenibili”.
Ecco perché la possibilità di bruciare rifiuti diventa una stampella che a bilancio trasforma delle voci negative (l'acquisto dei combustibili) in positive (perché i cementieri vengono pagati per infornare CDR o CSS);

2) Non ritiene il Ministro che questo processo di “trasformazione” di rifiuti urbani in rifiuti speciali finirà con penalizzare quelle amministrazioni virtuose che - investendo sulla raccolta porta a porta e su metodi alternativi all'incenerimento per il trattamento dei rifiuti residui - hanno ridotto la produzione pro capite di rifiuti?
Il passaggio dei rifiuti urbani in combustibile solido secondario non è indolore. I primi, infatti, diventeranno rifiuti speciali. Ciò significa che non esisterà più alcun obbligo a gestirli in loco, all'interno dell'ambito in cui vengono prodotti, e che potranno essere spostati per l'Italia, e anche all'estero, finendo con l'alimentare traffici illeciti. 
Tutto questo, proprio mentre il Parlamento europeo approva un rapporto sulle linee guida del prossimo programma ambientale Ue dove si prevedere il divieto di incenerimento dei rifiuti a vantaggio del riciclaggio.

3) Il Ministro Clini intende assumere le necessarie iniziative normative per allineare i limiti degli inquinanti previsti per i cementifici, al livello degli inceneritori di rifiuti? E ritiene di precisare le distanze minime fra gli impianti, al fine di evitare gravi rischi alla salute dei cittadini, in presenza di più impianti nel medesimo territorio?
Resta ancora in attesa di una risposta da parte del Ministro Clini da novembre dello scorso anno un'interrogazione a risposta scritta che è stata presentata alla Camera dei deputati dall'onorevole Margherita Miotto, parlamentare padovana del Partito Democratico: “Le attuali normative, e in particolare il decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, prevedono per i cementifici dei limiti di emissione come sotto riportato: polveri totali: mg 30/Nm3; biossido di zolfo: mg 600/Nm3; ossido di azoto: mg 1.800/Nm3; sorprendentemente, per gli inceneritori (decreto legislativo 11 maggio 2005, n.133 in attuazione della direttiva 2000/76/CE) si prevedono i seguenti limiti di emissione: 
polveri totali: mg 10/Nm3; biossido di zolfo: mg 50/Nm3; ossido di azoto: mg 200/Nm3. Appare evidente la macroscopica ed incomprensibile diversità dei limiti di emissione tra cementifici e inceneritori per gli stessi inquinanti, molto pericolosi per la salute. Ancora più incomprensibile risulta l'agevolazione ai cementifici se si considera che le quantità assolute in peso (concentrazione per portata) dei sopraccitati inquinanti sono normalmente assai superiori per un cementificio rispetto a quelle di un inceneritore. Inoltre non si evince dalle norme alcun ulteriore vincolo, qualora in un distretto territoriale a qualche chilometro di distanza, operi più di un cementificio, moltiplicando per due o per tre le quantità degli inquinanti immessi in atmosfera."

Pierluigi Giaccarello
Segretario Partito Democratico di Monselice

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