22 luglio 2013

CASO SHALABAYEVA, LA RESA DEI CONTI

La scorsa settimana il caso dell'estate sembrava essersi risolto in una bolla di sapone. Come tanti altri. Il governo non era stato informato del blitz della Digos nell'affaire Shalabayeva-Ablyazov, e pareva dovesse saltare solo qualche testa nei quadri intermedi all'interno del Ministero degli Interni, come il capo di Gabinetto del Viminale, Giuseppe Procaccini (secondo il quale Alfano era stato informato). Invece no, il terremoto è arrivato ai piani alti, altissimi anzi. E' nato quindi l'ennesimo psicodramma di questo governo raffazzonato velocemente e già incanalato verso un destino tutt'altro che roseo.
Venerdì 19 Luglio, in occasione della mozione di sfiducia indirizzata nei confronti del Ministro dell'Interno, è andato in onda il drammatico showdown tra le due principali forze che sostengono l'esecutivo. Il ministro Alfano, prima del voto in aula, afferma che, secondo quanto gli è stato conferito dal capo della Polizia, Alessandro Pansa, le attività della polizia erano unicamente rivolte al ritrovamento ed espulsione del latitante-dissidente Mukhtar Ablyazov, individuato nascosto nella villa di casal Palocco. Le forze dell'ordine trovarono invece la moglie e la figlia di sei anni. Solo in seguito al non ritrovamento di Ablyazov, fu iniziato il (celerissimo) procedimento di esplusione delle due (Alma Shalabayeva era in possesso di un falso passaporto della Repubblica Centrafricana). Su queste basi si è proceduto alle dichiarazioni di voto sulla mozione. Il dibattito fin da subito è apparso serrato e a tratti drammatico. Da una parte il centrodestra si è soffermato sul fatto che il suddetto Ablyazov non sia un dissidente (come poteva esserlo Aleksandr Isaevič Solženicyn in Unione Sovietica) ma un semplice criminale, dall'altra il Partito Democratico, che, pur non avvallando completamente la versione del Ministro, ha dovuto ingoiare l'ennesimo rospo amaro per salvaguardare le sorti del paese. Risultato: 226 no, 55 sì e 13 astenuti. Tra cui l'astensione di Laura Puppato.
All'indomani dell'esito finale si addensano però nuove nubi nell'orizzonte del non-sfiduciato Angelino Alfano. E' emerso infatti che il 28 maggio, arrivò da Astana una nota dell'Interpol che chiese di rimpatriare anche Alma Shalabyeva, "qualora illegalmente in Italia". Il documento è stato allegato alla relazione di Pansa citata in Parlamento dal ministro. Secondo il quale, però, l'unico obiettivo della polizia era il "pericoloso latitante" Ablyazov. Le due versioni quindi, quella esposta in Aula da Alfano, e quella del Capo della Polizia non coincidono.

Il Partito Democartico si è sacrificato per la stabilità del paese, prim'ancora che di quella del governo stesso, ma è inutile negare che la decisione  sul caso Ablyazov-Shalabayeva, il No alla sfiducia, non abbia lasciato pesanti strascichi nel Partito. Il segratario Guglielmo Epifani rincara la dose: "Il governo esce più debole dall’affare Shalabayeva, che per noi non è chiuso perché ha prodotto un vulnus impensabile in qualunque Stato sovrano. Quel che emerge, giorno dopo giorno, è la nostra totale cessione di autonomia come Paese, sembra infatti che un ambasciatore di una nazione straniera si sia incuneato nel nostro sistema e sia riuscito a portar via una donna e una bambina senza che nessuno lo abbia fermato”. Sempre secondo Epifani, un passo indietro di Alfano sarebbe stato opportuno, ma tale prospettiva non poteva arrivare direttamente dal PD per non compromettere la stabilità, già precaria, di Governo e riforme indispensabili al paese. Tensione ancora altissima dunque. Non sono affatto esclusi nuovi e clamorosi colpi di scena nell'immediato futuro.

F.S.

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