15 luglio 2013

CASO KAZAKHSTAN, UNA STORIA OSCURA

C'è una storia oscura che scuote il governo in questo caldo e pacioso inizio d'estate. Una storia che parte da un lontano paese centroasiatico, che parla di dissidenti e guardie che li rincorrono, di dittatori e rocambolesche catture. A parlarne così sembrerebbe la trama di un film di James Bond ambientato in piena guerra fredda, ma così purtroppo non è.
I fatti  incriminati iniziano poco tempo fa, tra il 29 e il 31 Maggio 2013, nell'anonimo paese di Casal Palocco, Agro Pontino, sud di Roma. La notte del 29 maggio, cinquanta uomini della Digos, fanno irruzione in una villa della zona, dove trovano al suo interno una donna,  provvista di passaporto della Repubblica Centraficana, apparentemente falso, con una bambina di sei anni. La signora è Alma Shalabayeva, moglie di Mukhtar Ablyazov, e madre della piccola. Ablyazov è il principale oppositore di Nursultan Nazarbayev, imperituro dittatore della Repubblica del Kazakhstan dal 1992. Secondo Amnesty International, già nel 2003-2004, Ablyazov fu detenuto e torturato nelle carceri dell'ex repubblica sovietica, dalla quale riuscì a fuggire nel 2009, per trovare rifugio a Londra. Il quadro comincia a schiarirsi. Alma, in assenza di un valido titolo di soggiorno, è immediatamente trasferita nel Centro di identificazione ed esplulsione di Ponte Galeria, pronta per essere espulsa. Con una celerità quantomeno sospetta, nell'aeroporto di Ciampino, arriva il jet incaricato di riportare  nel luogo natale la donna. Atto esercitato indipendentemente dai rischi concreti che la donna corre nel territorio kazako a causa delle attività politiche del marito. Configurando così una possibile violazione dall’art 19 del testo unico sull’immigrazione per cui “in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione (…)”. Assieme ad Alma Shalabayeva viene estradata anche la figlia di sei anni, frequentante scuola qui in Italia. Un fatto di una gravità assoluta.
Nei giorni immediatamente successivi all'accaduto la versione del governo, attraverso il ministro Cancellieri e soprattutto il Ministro degli Interni, Angelino Alfano, principale indiziato della regia dell'operazione, è stata quella della completa regolarità dell'operazione, oggi, a seguito di un'indagine avviata da Enrico Letta, risulta che l'esecutivo non fu informato (elemento altrettanto grave) e quindi non responsabile. L'espulsione è stata annullata, la signora può rientrare in Italia. L'opaca faccenda sembra dunque essere arrivata ad una, seppure incompleta, conclusione (almeno dal punto di vista politico). Il dubbio però rimane: l'Italia ha abdicato alla propria sovranità territoriale  in favore di un dittatore con il quale ha rapporti commerciali da 20 anni (l’Eni è attiva in Kazakhstan dal 1992, e dal 2012 estrae gas naturali dall’immenso giacimento di Karachaganak) oppure si è trattato di un corto circuito istituzionale?


F.S.

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