24 giugno 2013

Ma che succede in Turchia? Un analisi che non può essere esaustiva



Il fatto che la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica non sappia pressoché nulla delle rivolte di Piazza Taksim è sintomatico di quanto sia difficile cercare di riassumere quanto sta accadendo in Turchia in queste ultime settimane.
Va premesso che il tutto ha avuto inizio il 28 maggio con un evento organizzato proprio in Piazza Taksim a Istanbul contro il progetto di un grande centro commerciale che sarebbe andato a sostituire gli alberi del Gezi Park. Da questa semplice manifestazione ha preso il via una rivolta virale che è arrivata a interessare le più grandi città della Turchia supportata da più di cento movimenti di protesta che in maniera coordinata e tramite un fortissimo uso di Twitter e Facebook come piattaforma organizzativa sono arrivati a occupare simbolicamente la piazza centrale della vecchia Costantinopoli.
Se c’è qualcosa di ovvio in tutta questa faccenda è che non possiamo attribuire le motivazioni di una rivolta di simili dimensioni ai 600 alberi del Gezi Park, tuttavia larga parte della stampa continua a mostrarla come battaglia di fonte ambientalista o ancora peggio come una “nuova primavera araba”. Le differenze con le primavere arabe sono notevolissime e nemmeno confrontabili con quelle dell’argomento che stiamo trattando. Ma quali sono quindi le vere ragioni di una rivolta di simili dimensioni?
Possiamo distinguerle in 2 macrocategorie, da un lato vediamo una forte spinta in opposizione al rigore religioso portato avanti da Erdogan che in qualche modo ha tentato un difficile bilanciamento tra laicismo e islamismo arrivando a privilegiare però quella fascia di popolazione legata all’Anatolia centrale più rurale e tradizionalista. Sintomatico di questo sarebbe la forte attenzione che il governo sta mettendo nella valutazione dei costumi cittadini nonché la recente legislazione in materia di consumo di bevande alcoliche. Dall’altro lato troviamo la forte opposizione al “modus operandi” del primo ministro turco che viene accusato di non aver preso minimamente in considerazione le richieste della società civile a seguito della sua fortissima vittoria elettorale alle ultime elezioni. E’ su questo piano che possiamo considerare il lato ambientalista della protesta, le grandi opere fortemente volute dal governo di Ankara hanno suscitato indignazione in tutto il paese a partire dalla spinta di forte urbanizzazione di Istanbul per arrivare al nuovo canale che sdoppierà il Bosforo oggetto di fortissime contestazioni anche nei mesi precedenti.
Questi quindi gli argomenti che hanno portato alla sollevazione che però ha trovato certamente nuovi spunti nella risposta tutt’altro che ortodossa data dalla polizia turca e dalle dichiarazioni rilasciate da funzionari pubblici vicini al governo o da Erdogan stesso. Tutto ciò ha sicuramente contribuito moltissimo all’aggravarsi della crisi turca in un momento in cui una repubblica democratica e costituzionale come quella di cui stiamo parlando dovrebbe trovare dalla piazza e dai social network nuova linfa di rinnovamento soprattutto in vista delle continue e incessanti richieste di ingresso nell’Europa dei popoli.
E.D.

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