25 febbraio 2013

Il futuro? Trasporto leggero per l’ospedale.

Voltare pagina. Cercare, a posteriori, quelle alternative ai cementifici che nel periodo d'oro nessuno ha voluto cercare. Dietro la scrivania degli uffici di Acm, di cui è stato presidente e ora è liquidatore, Gianni Baù prova a tracciare la mappa di un settore che è colato a picco, trascinato dal crollo del cemento. «Nella Bassa, i gruppi più grossi dell'autotrasporto erano quelli che gravitavano intorno alle cementerie» osserva «Sono state un bel banco di prova, che ci ha permesso di fare innovazione. Abbiamo inventato il turno notturno, la fornitura di mini silos con vuoto a rendere come le bottiglie del latte».
Ma ora, passare dal cemento a tutt'altro non è facile: «Un veicolo destinato alle cementerie, ribaltabile, scoperto e pesante, adatto a trasportare volumi limitati con un elevato peso specifico, difficilmente si può impiegare nell'internazionale» spiega Baù. Non ci sono stati molti tentativi di cambiar rotta. «In 37 anni di Acm, ogni volta che proponevo di diversificare i miei soci rifiutavano» ricorda «Sicuro come le cementerie, con una così grande mole di lavoro, non c'era nulla. Mentre abbiamo visto fallire i due grandi tentativi di costruire un'alternativa, che per me sono stati l'autoparco e l'intermodale». Ma quale potrebbe essere, oggi, la valvola di sfogo? «L'area di Monselice ha investito sulla logistica, con un transit point che però è legato a grandi giri» constata Baù «Restano i porti, quello di Venezia e l'interporto di Padova. Ma sono soluzioni tampone, non convenienti». Degli ex autotrasportatori di Acm, 15 ex soci si sono riuniti nel consorzio La Rocca e una trentina di dipendenti hanno trovato nuovi lavori o si sono messi in proprio. Ma si va a parare sempre sulle vecchie committenze di Acm, sui porti, sull'agricoltura. La soluzione magica non l'ha trovata nessuno. «Io sono stato anche a parlare con l'amministrazione di Este» svela Baù «suggerendo che la tecnologia dei nostri mezzi si potrebbe sposare con la Sesa, chiedendo di inserirci in quel tipo di lavoro. Ma siamo rimasti alle belle parole». E allora? «Dovremmo riuscire a fare rete. Si può pensare al trasporto leggero, magari a servizio del nuovo ospedale unico, che mi pare sia l'unica nuova opportunità emergente. Anche nel settore del trasporto pubblico si potrebbe fare tanto. Ma dev'essere il pubblico a intervenire».

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