24 ottobre 2010

Italcementi. Spostare si deve e si può.

Strano, per trovare la strada serve uno sguardo strabico: non si possono fissare solo i piedi, né si può solo guardare l'orizzonte. Bisogna pensare quindi, fuor di metafora, insieme al futuro dell'area sud dei Colli Euganei ma nello stesso istante, adesso, agli interessi dei lavoratori e dell'impresa.

Esercizio complicato, vediamo come uscirne: primo,bisogna capire il valore strategico di uno sviluppo economico sostenibile nei Colli Euganei, nei Colli Berici, nel Montello, nella Laguna, insomma, negli ambiti sensibili della regione. Il futuro del Veneto centrale, inteso come sistema urbano articolato ma unito, della sua capacità di attrazione di risorse umane e di capitali d'investimento innovativi ( quindi competitivi ) si dovrà molto alla qualità del suo sistema ambientale e alla ricchezza culturale diffusa. Questi, è ormai noto agli studiosi del settore, sono fattori determinanti per le università, per le produzioni di qualità e per lo sviluppo del terziario avanzato: importanti come il credito e la logistica. Punto. Qualità del sistema ambientale. E' chiaro ? Un nuovo cementificio in quell'area non va nell'esatta direzione: è evidente. Nuovo!? Meglio ribadire un concetto: a mio avviso, l'intervento proposto non è corretto chiamarlo revamping, trattandosi di fatto di un nuovo impianto. Se nuovo allora perché non realizzarlo in un sito più appropriato? Più vicino all'area di escavazione, più compatibile con il sistema paesistico epiù vicino alle infrastrutture logistiche. Se è vero che l'epoca dei campanili è archiviata, che la città è tutto il Veneto, ma tra Monselice negli Euganei ed Orgiano nei Berici non è possibile, davvero non è possibile pensare un sito diverso? Proviamo ad aprire un po' di più gli occhi. La Valdastico Sud sta procedendo, questo non suggerisce nulla ? Non è possibile davvero immaginare,in un ambito meno prossimo ai due gruppi collinari, un nuovo sito per la produzione ?

Spostare l'impianto si deve. Ma spostare si può ? Si. Secondo le valutazioni di una società specializzata nella costruzione di cementifici, di Milano, tra i cui clienti c'è anche Italcementi. Un cementificio analogo a quello di Callusco d'Adda costa tra 210 e 240 milioni di euro. Non sembrano quindi attendibili le voci secondo le quali un nuovo cementificio costerebbe come una piccola portaerei, come tre volte il nuovo ospedale unico di Monselice o come due terzi della Fiera di Rho a Milano. Era intuitivo, ma i dati forniti indicano in 140 milioni il costo dell'impianto fino all'insacco, escluse macchine di cava, circa 50 milioni di strutture edili, 30 milioni per il filtro poi il progetto quindi l'area. Il costo di demolizione e bonifica? Secondo una grande società di demolizioni industriali italiane, con il recupero di tutto il ferro, che l'impianto custodisce al suo interno, il costo gira intorno ai 5 milioni di euro. Infine è palese che mediante un accordo di programma, che coinvolga la Regione Veneto, si potrebbe bonificare e valorizzare economicamente il sito di Italcementi, destinandolo però ad una nuova funzione, che sia davvero stavolta un aiuto allo sviluppo dell'area. Italcementi si troverebbe con un impianto nuovo e con gli stessi costi ipotizzati. Monselice e i Colli Euganei, ma insieme la città-regione con un ambito pronto per accogliere funzioni più legate al futuro che al passato. Quali ? Ho sottoposto il quesito ad un gruppo di sviluppo per Student housing e Social housing italiano. Mi è stato detto che se la Metropolitana di superficie fosse già realizzata fino a Monselice si potrebbero già collocare, al posto del cementificio, spazi per gli studenti dell'ateneo, con investimenti privati e pubblici. Potrebbe, inoltre, essere valutata l'ipotesi conl'Università di Padova dell'inserimento, nello stesso contesto, di uno spin-off di qualche sede prestigiosa e centrale e legata all'ambito del Parco dei Colli: Geologia o Scienze Naturali ad esempio. Porta del Parco, spazi espositivi, accoglienza dei turisti, studenti, università, poi verrebbero privati con laboratori di ricerca, spazi per lo sport e il tempo libero. Non sarebbe difficile, mettendoci un po' calma, realizzando un collegamento su ferro rapido con i nuclei centrale della città-rete del Veneto,scegliere cosa fare in un'area di così grande valore ambientale.

Ultimo problema: inceneritore o cementificio ? E' chiaro che tutto questo ragionamento viene meno senza un impegno immodificabile di Italcementi a non usare CDR o similari nell'impianto. Servirebbe una convenzione che obblighi a chiudere se si trovano rifiuti o CDR nell'impianto, in modo automatico, totale. Stop. Inoltre un obbligo economico, preciso: titoli di stato cointestati tra azienda e ogni singolo lavoratore, per un importo pari a cinque anni di stipendi e contributi, fruttiferi solo per l'azienda, ma che divengano proprietà esclusiva del lavoratore nel caso si debba chiudere l'impianto.

Davide Ruzzon
architetto direttore TA

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