Gentile direttore,
nel ringraziarla per il lodevole servizio pubblico che il mattino di Padova sta garantendo con la partecipata tribuna sulla tematica del revamping Italcementi, desidero integrare il dibattito con questo contributo che trae spunto da una campagna informativa promossa proprio dal suo giornale negli anni ‘80.
“La spia parla: aria irrespirabile” era il titolo di un articolo pubblicato il 3 ottobre 1985. Si riferiva ai rilevamenti che certificavano il frequente superamento del limite di 150 microgrammi per metro cubo di polveri immesse in atmosfera. Nel 1990 in qualità di assessore all’Ecologia, feci la scelta, di parte, di non ostacolare la ristrutturazione della Cementeria di Monselice, considerando obiettivi primari la riduzione delle polveri e il miglioramento dell’impatto visivo.
Fu anche una scelta tattica, al fine di prevenire argomentazioni pretestuose che potessero impedire al Consiglio comunale di approvare la più ampia perimetrazione del Parco dei Colli Euganei nel territorio di pertinenza, e, in seguito, per supportare chiare linee guida di ecologia sostenibile nel redigendo piano ambientale.
Fu scelta ideologica: ideale continuità di condotta con i vari Sandon, Romanato, Fracanzani.
Di parte fu pure il caparbio lavoro che permise nel 1994, di concerto con Regione, Provincia e Ussl di obbligare entrambi i cementifici di dotarsi di sistemi di controllo in continuo per il rilevamento delle emissioni. Azione politica, di parte, impegnativa e difficoltosa, onerosa in termini di risorse umane e finanziarie. Azione garibaldina, giocata su terreno infido, mirata a smantellare le barriere alzate dai cementieri. Ricordo i loro ricorsi al Tar a sostegno della tesi che non esistevano al mondo strumenti per misurare “in continuo” le emissioni in camino. Il tutto al fine di non investire per migliorare le prestazioni degli impianti, sottrarsi al controllo e alla conseguente eventuale responsabilità penale nel caso di superamento dei limiti di legge. Attività amministrative, di parte, che in un quinquennio servirono a far diminuire di molto la concentrazione di polveri in atmosfera; senza lo stimolo di comitati, al tempo inesistenti, con il sostegno del gruppo consiliare e dei miei concittadini, incluso quello dei lavoratori e della stampa libera.
A fine mandato pensavo fosse risolvibile l’antagonismo tra lavoro, ambiente e salute, meno quello con il paesaggio. Infatti il risultato del revamping Cementeria di Monselice anni’90 non è la Défence in miniatura che auspicavo sulla base di argomentazioni simili a quanto il professor Muraro ha proposto da queste pagine.
Ciò che si vede dalla linea ferroviaria PD-BO, dalla A13 e dalla ss16, dalle località Costa e Monticelli, da ogni cima dei colli prospicienti il sito è l’effetto sul paesaggio dell’incontro tra disponibilità imprenditoriali, requisiti tecnologici e capacità progettuali (queste ultime, ricordo, stimolate con passione dall’assessore De Marco).
Migliorativo, ma poco suggestivo! Soprattutto mi aspettavo che la maggiore serenità conquistata permettesse di adoperare le energie per risolvere le altre problematiche ambientali, determinate da carenza di strumenti pianificatori (Piano urbano del traffico) e comportamenti individuali da non ignorare, come le emissioni degli autoveicoli e degli impianti di riscaldamento.
Mi sbagliavo perché nel successivo mandato, meno direttamente (in qualità di presidente del Consiglio comunale e della commissione urbanistica), ho dovuto contribuire ad affrontare l’emergenza dei combustibili alternativi. Pneumatici che l’Italcementi intendeva incenerire a ridosso del quartiere di Montericco, forte dell’efficace azione lobbistica svolta presso il ministero dell’Industria. L’approccio dei vertici aziendali con il sindaco e con l’assessore alle attività produttive è stato simile a quello visto in questi mesi. Ma a differenza di oggi, la città non si è spaccata (a parte un’iniziale confronto di posizioni, interno alla maggioranza e alla giunta, e superato con la convocazione di un Consiglio comunale aperto alla partecipazione di tutti i soggetti coinvolti). Anzi la convergenza tra cittadini nel frattempo organizzatisi in comitato, lavoratori ed Rsu, gruppi consiliari di centrosinistra, ha consentito al sindaco Bettin con la preziosa collaborazione dell’assessore all’Ecologia Guglielmo di impedire che una nuova emergenza ambientale ci facesse arretrare di decenni. Il tutto però distraendo risorse umane da altri ambiti amministrativi e comportando oneri non indifferenti per i monselicensi e per i veneti.
La bonifica del sito (RaccPel), privato, dove erano stati stoccati i pneumatici è costata milioni di euro, pubblici. Schei de noantri regalati, durante l’amministrazione Conte, per il mancato affare della multinazionale Italcementi! Altro che immediata e unilaterale rinuncia a utilizzare il legittimo, ma incompatibile impiego di pneumatici nel processo di combustione! Nel frattempo si affacciavano altre minacce, senza che i sindacati lo facessero presente con la stessa, giustificata, veemenza di questi giorni: alla Radici si sperimentava l’uso di materiali non tradizionali, sommando sconcerto al timore.
Mi chiedevo per quale motivo non si potesse produrre usando tecnologie innovative; riducendo le emissioni tradizionali con combustibili a basso tasso di inquinamento, come nelle nostre case, senza ricercare scorciatoie nell’affare dei rifiuti e delle cosiddette materie prime seconde. Allora la politica, di parte, si fece carico di affrontare la nuova situazione, senza clamore e rifuggendo da dichiarazioni terroristiche sulla salute pubblica. Si ricercarono le modalità per consentire il diretto controllo delle attività pur in presenza di normative nazionali che espropriavano di fatto l’esercizio di rappresentanza decisionale nel territorio di competenza. Cercando di prefigurare uno sviluppo alternativo dove la conflittualità tra lavoro, salute e ambiente si riducesse con gradualità.
Fu così che venne approvato un Piano del Traffico, conosciuto sperimentato e contestato solo per una minima parte, che prevedeva la non transitabilità dei mezzi pesanti su via Valli, la realizzazione della complanare, o in alternativa lo spostamento del casello, e numerosi percorsi ciclabili e pedonali che permettessero una diversa mobilità cittadina. Fu così che venne adottata una variante al piano del Centro storico che creava le condizioni economiche per lo spostamento dell’Indelve, ora Abb.
Fu così che venne adottata una variante generale al Piano Regolatore che prevedeva nell’arco di un ventennio la dismissione dei cementifici, in perfetta integrazione con le norme del piano ambientale del parco dei Colli Euganei nel frattempo definito, il tempo di vita degli impianti esistenti e quello necessario per creare alternative occupazionali credibili.
Avevamo messo a disposizione il tempo di una generazione affinché una classe politica capace, con lo spirito di Agenda 21, costruisse un futuro diverso, mirato alla valorizzazione della persona nel rispetto del creato. Era il 1999. Ma l’altra politica, anch’essa di parte, la subentrata amministrazione di centrodestra guidata dal sindaco Conte e dal capogruppo Lunghi, annullò quelle delibere, grazie anche al supporto fornito dal solito ricorso al Tar della Cementeria di Monselice e dell’Italcementi. Italcementi che ripagò questa apertura di credito con la consueta moneta: il nuovo affare delle farine animali! Bloccato non senza difficoltà dalla giunta Conte, sotto la pressione popolare e del comitato Lasciateci Respirare.
Oggi, quando penso con rammarico che una municipalità capace sarebbe a metà dell’opera, vedendo la Città sospinta in un cul de sac, mi chiedo se rifarei la stessa scelta del 1990 anche per l’Italcementi. E adesso? La volontà della comunità locale si è espressa attraverso la maggioranza dei suoi rappresentanti, nella seduta di Consiglio comunale che ha chiesto la sospensione della procedura di Via. Perché Italcementi non ha preso atto della richiesta fatta dalla Comune di Monselice alla Provincia e ha ritirato unilateralmente la domanda?
Se questo è il modo di rispettare la volontà della comunità, nel 2010, quale garanzia abbiamo sull’uso del Cdr o di altre schifezze analoghe per i prossimi decenni?
Ah... dimenticavo, da che parte sto? Resto dalla parte dei lavoratori ricattati, ma che non accettano di essere turlupinati!
Giannino Scanferla
Direttivo PD Monselice
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