Seduta Consiglio comunale del 4 settembre 2013
Si confrontano oggi delle posizioni molto ma molto diverse su
quello che può essere il percorso del Veneto perché federalismo non è autonomia
e centralismo non è indipendenza.
Ogni parola ha un suo preciso significato. C’è un
neocentralismo, sì, innegabile, però non possiamo dimenticarci che non è che
sia nato nel novembre scorso con il Governo Monti e perché con Monti alcuni
alti dirigenti dello Stato sono diventati Ministri, che pure è aspetto
abbastanza intrigante di questo Governo, perché ci sono stati dieci anni prima
quasi con un Governo a maggioranza politica, contenente un partito che ha fatto
del federalismo la sua bandiera.
Non è che possiamo proprio liquidarlo in due secondi questo
fatto. E in questi dieci anni qualcosa non ha funzionato, che cosa non ha
funzionato tale che ci troviamo oggi a parlare di neocentralismo e di come
rispondere in Veneto? Non ha funzionato il controllo della spesa pubblica. E il
neocentralismo è la prima reazione ad un debito pubblico che, se non viene
governato centralmente, ci fa fare la fine della Grecia.
In questi otto, dieci anni, non è che i comuni, fondamento
dell’autonomia, della sussidiarietà siano stati trattati come i principali
attori, sono stati strangolati, questa è la storia di quest’ultimo decennio. E
le Regioni si sono meritate questa autonomia? Che cos’hanno fatto di così
importante? Che riforme hanno fatto per dire che autonomia è responsabilità e
cambiamento? Sono riuscite a semplificare il loro apparato istituzionale? Sono
riuscite a ridurre le province? Miseria, guardiamo al Veneto, da sette a sette!
E le società partecipate? Le hanno razionalizzate, le hanno fatte più
efficienti? Ridotte? Le hanno portate più vicine alle necessità del territorio
o delle imprese? Non ho visto nulla. Vanno meglio i nostri treni locali che
portano avanti e indietro i cittadini del Veneto con l’autonomia?
Se qualcuno può dire questo, forse avremo qualche elemento in
più per dire e rivendicare seriamente. E i costi standard che andiamo a Roma a
chiedere per la sanità delle Regioni, lo applichiamo in Veneto tra i territori?
In sanità? Non ancora. E per il trasporto pubblico? Meno che meno.
Abbiamo semplificato le normative regionali in modo che le
imprese invece di scappare possano insediarsi in Veneto? Non l’ho visto,
neanche questo. Allora, guardate, la ragione profonda di questo dibattito è, in
realtà, non il neocentralismo, è che la sfida della globalizzazione ci pone
davanti a delle domande alle quali qui si vorrebbe dare una risposta come se si
potesse aggiustare un computer con una chiave inglese. Non si aggiusta un
computer con la chiave inglese! Non si risponde alle sfide della
mondializzazione con parole tipo: “Popolo, identità, sovranità”. Cos’è il
popolo veneto? Cos’è? Vi leggo l’elenco di un registro di una classe prima di
una scuola del Veneto: Bortolan, Banick, Cattelan, Crisetti, Du Elmuì, Dovoric,
Faiz, Festugatto, Franchetti, Arvan, Magnaguagno, Mamadu, Paplovic, Ravidas – e
avanti – Zamberlan. Cos’è il popolo veneto? E’ un’entità così astratta o non è
un insieme di differenze che cerca una sintesi civica continua? E la famiglia,
quanti sono i divorzi e le separazioni in Veneto, sono meno che negli altri
popoli italiani? Idem. Sono famiglie, al plurale! Sposati, divorziati,
separati, conviventi, coppie omosessuali. Le tradizioni, sì, va bene, c’è stata
la Madonna della Salute, poi c’è la festa della birra, di cosa stiamo parlando?
Cos’è oggi il popolo veneto se non appunto investito in pieno dalla
globalizzazione? E ispirare le nostre azioni e quelle del popolo veneto sarebbe
la memoria collettiva della Repubblica Serenissima? O non è piuttosto
l’immaginario e dov’è l’immaginario, dove si nutre? Sui libri della storia
della Serenissima o si nutre sulle reti globali della comunicazione? E la
sovranità? L’autodeterminazione? Ma guardate qua che siamo in una giornata in
cui si rischia che Vicenza vada ancora sott’acqua e sappiamo che questo è
legato ad un fenomeno globale che si chiama cambiamento climatico e noi pensiamo
di poter autodeterminarci su queste sfide qui? O sul prezzo del petrolio? Ma
cosa autodeterminiamo? Noi siamo dentro ad un sistema che chiede
interdipendenza, non indipendenza! Interdipendenza! Non possiamo più toglierci
da questo! E qui non si tratta di decolonizzare, si tratta di evitare delle
fughe che vorrebbero immunizzarci dalla globalizzazione, vorrebbero ripulirci
da quello che è successo. E ripeto, aggiustare un computer con una chiave
inglese.
E lo Stato. Lo Stato è una creazione importantissima, siamo
riconoscenti, ma è assolutamente un’istituzione in crisi di fronte ai fenomeni
della globalizzazione. Non regge più, è evidente, perché lo Stato è nato quando
si confrontava il lavoro e il capitale e lo Stato stava in mezzo e
ridistribuiva, il welfare, questa cosa è saltata.
Non c’è più. E vogliamo farne uno più piccolo? Cioè noi pensiamo
che con la piccola patria, stiamo al confronto con gli Stati Uniti, il Brasile,
la Cina, l’India, il Sud Est Asiatico? Noi abbiamo in mente di toglierci fuori
dalla modernità? Allora, il tema è esattamente un altro, ed è come riusciamo a
regolare i rapporti tra il nuovo capitalismo dei flussi finanziari,
informativi, logistici, etc., con i territori, con i luoghi dove questi flussi
atterrano.
E questi flussi, che sono mondiali, si governano con delle
grandi aggregazioni democratiche e popolari. Si risponde con il pieno
compimento del progetto europeo, come Europa federale dei popoli, che elegge un
Parlamento, un Governo europeo e un capo legittimamente eletto. E noi vorremmo
che questo Consiglio regionale fosse il primo Consiglio regionale in Italia a
dire, ad impegnarsi perché la prossima Legislatura europea sia una legislatura
costituente, questa è la risposta alla modernità, dentro quell’orizzonte
dobbiamo metterci.
Si dirà: il referendum. Ma dove vi nascondete, bisogna andare a
ascoltare il popolo veneto per decidere se siamo per l’indipendenza o no? No,
venite qua e dite oggi se siete per l’indipendenza o no, non dopodomani, dopo
il referendum, siete classe dirigente, siete eletti, siete rappresentanti. Qui
si dice chi è per l’indipendenza e chi è per l’interdipendenza, non facendo
pagare a tutti i veneti il referendum per dopo decidere cosa si fa perché la
libertà di espressione, consigliere Rosina, c’è già in Italia.
Il Partito Democratico ha organizzato delle Primarie, se le paga
per sentire il suo popolo, popolo, i cittadini, i cittadini che sono
differenti.
Questo è il luogo dove i rappresentanti dei veneti, i cittadini
veneti dicono cosa intendono fare. Non si nascondono dietro ai referendum,
neanche consultivi. I referendum, se li vogliono, li promuovono i cittadini,
c’è una legge, lo fanno volontariamente, chi glielo impedisce?
Abbiamo bisogno di più autonomia? Sì. Sicuramente, nel solco del
Titolo V, riformato, ma autonomia del cambiamento e l’autonomia si misura qua
dentro prima di tutto in Veneto, nella capacità di cambiare quello che può già
cambiare!
Le cambiamo o no le province? Cambiamo o no i costi standard per
la sanità, per il trasporto pubblico? Tanto per fare qualche esempio. E,
infine, noi non abbiamo bisogno di un passaporto veneto, abbiamo bisogno di un
passaporto europeo. Abbiamo bisogno di una banca europea che sia come la
Federal Reserve Americana e garantisca il debito di tutti gli Stati europei ed
emetta obbligazioni europee, così competiamo sulla modernità di questo
millennio. Abbiamo bisogno di un esercito europeo, e non di un esercito veneto,
abbiamo bisogno di una politica estera europea, non veneta. È questa la sfida e
solo dentro un orizzonte di piena legislazione dell’Europa la nostra autonomia
di veneti ha senso ed è un’autonomia se sta per il cambiamento perché
l’autonomia, il federalismo, l’indipendenza - o quello che sarà e spero non
sarà - per mantenere tutto com’è, è un’illusione per cercare di stare fuori
dalla storia.
Rino Biscaro
Capo Gruppo del Partito Democratico
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