12 giugno 2013

SALUTE VS. LAVORO: IL DILEMMA DELL'INDUSTRIA ITALIANA


Secondo i dati del Centro Studi di Confindustria, dall'inizio della recessione ad oggi, nel settore  manifatturiero italiano, sono stati persi 539.000 posti di lavoro, con un decremento complessivo della capacità occupazionale del 10% e il trend si prospetta ancora negativo. Le ragioni del declino sono molteplici e complesse. Le grandi industrie italiane hanno mantenuto nel corso degli ultimi 20 anni una struttutura tipicamente novecentesca, retaggio del boom economico, in cui ad una elevatissima disponibilità di forza lavoro a basso costo si accompagnava una quasi completa deregolarizzazione in ambito del rispetto ambientale e delle condizioni antinfortunistiche. Fabbriche, capannoni, industrie si basano dunque ancor'oggi, in gran parte, su strutture obsolete e inadeguate per garantire un processo lavorativo adeguato ai tempi e competitivo sul piano europeo e globale. Occorre quindi una riconversione che possa allo stesso tempo coniugare il mantenimento delle unità lavorative con il rispetto di vincoli antinquinamento e di salvaguardia dei dipendenti. L'esempio più lampante assorto agli onori delle cronache recentemente è stato sicuramente il commissariamento, attuato dal Ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, della società ILVA di Taranto (ex Italsider), che permetterà di salvare la produzione (14 mila dipendenti in tutta Italia) attuando nel contempo interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione della zona. Nella fattispecie non si è trattato di un esproprio nè di una nazionalizzazione, ma di un inetervento eterodiretto dallo Stato in cui un commissario, Enrico Bondi, svolgerà le mansioni sopradette assieme, e non in sostituzione, del gruppo Riva, proprietario della Società. La soluzione dell'intricato caso ILVA potrebbe costituire la base di un modello di salvataggio dell'industria italiana per gli anni a venire: detassazione per ristrutturazioni eco-compatibili, credito d`imposta per finanziare progetti industriali innovativi, intervento dello Stato per comprare quote delle società in difficoltà, politiche di favore per l'aggregazione delle municipalizzate in settori come energia e trasporti. Il nuovo ingresso del pubblico nel mercato (dopo la stagione delle privatizzazioni negli anni '90) in un momento in cui nè il settore privato nè le banche (credit crunch) concedono credito, appare quantomeno auspicabile. La ricetta liberista è stata abbondanata ormai anche negli Stati Uniti..è giunto il momento che anche l'Italia e l'UE cambino rotta.

F.S.

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