22 novembre 2012

Sbloccata la cassa integrazione per i 107 dell’ex Acm

È partita in questi giorni la cassa integrazione per gli ex dipendenti della Acm, la storica ditta di autotrasporto, finita in liquidazione lo scorso maggio. 107 i dipendenti rimasti a casa: ora, finalmente, hanno avuto almeno il sollievo di ricevere i primi soldi della cassa integrazione. La procedura si era incagliata, nei mesi scorsi, per un codice sbagliato.«Ad aprile avevamo inviato tutta la documentazione per la cassa integrazione» ricorda Gianni Baù, ex presidente e ora liquidatore di Acm «e solo a luglio ci hanno chiamato dal Ministero comunicandoci che non avevamo diritto in quanto la domanda era stata presentata come impresa artigiana… Per fortuna ora la questione si è risolta, grazie anche all’intervento dell’assessore provinciale al Lavoro Massimiliano Barison».
Dei 107 dipendenti, 30 hanno trovato altre occupazioni mentre una ventina stanno lavorando a tempo determinato. Alcuni stanno anche tentando la difficile impresa di diventare «padroncini». L’azienda avrebbe 30.000 euro circa di fondi residui per l’outplacement, che potrebbero essere recuperati a favore dei lavoratori se si trovasse un ente disposto ad anticiparli. Per il resto, l’azienda si avvia verso il concordato. Alcuni ex soci, una ventina, hanno provato a raccoglierne il testimone dando vita a una nuova società consortile. Ma se ne è tenuto fuori Gianni Baù. Che a distanza di qualche mese dal crollo che ha travolto l’azienda, ne ripercorre le cause: «Il fatturato, tra il 2009 e il 2010, era sceso da 49 a 20 milioni l’anno. Per la sola Italcementi movimentavamo 6000 tonnellate in entrata e altrettante in uscita ogni giorno, 200 camion».E proprio l’entrata in crisi delle cementerie ha dato la mazzata all’Acm. «Tener duro è stata una scelta» chiude Baù. «Speriamo che qualcuno raccolga il messaggio di innovazione che abbiamo portato».

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